Panorama

Parrocchia di s. Isidoro
e della b.v. del Penzale

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AAHHH…C’È LA CORALE !

E’ un’esclamazione che talora sembra di poter cogliere nell’espressione non proprio soddisfatta di qualcuno che, entrato soprappensiero in chiesa in un giorno di festa, si è improvvisamente reso conto che nello spazio dietro l’altare sono seduti i componenti della corale, quel gruppo di persone la cui presenza è sicura minaccia di tempi più lunghi della celebrazione liturgica. Oltre lo sguardo preoccupato per il ritardo del pranzo, pare talora di intuire anche pensieri più strutturati: “ qualcuno che dice di interessarsi di musica forse apprezzerà, ma per lo più…. e poi, perché non cantano motivi semplici, orecchiabili, in modo che tutti possano intervenire? Perché si ostinano a mettere alla prova la capacità di sopportazione di tanti buoni parrocchiani? Vediamo di capire cosa può spingere persone rispettabili e forse anche simpatiche prese singolarmente, ad infierire così - una volta riunite in quel gruppo chiamato “corale”- sulle buone intenzioni di chi si reca a messa nei giorni delle principali feste liturgiche.

PERCHÉ UNA CORALE?

Già nell’Antico Testamento le preghiere più belle, i salmi, venivano cantate dal popolo ebraico, anche con l’accompagnamento di strumenti musicali.

La Chiesa del Nuovo Testamento poi, la nostra, ha proseguito la tradizione della preghiera cantata ed ha sempre ritenuto che il canto possa contribuire a trasmettere più efficacemente il “lieto messaggio” predicato da Gesù e a migliorare la partecipazione alla sacra liturgia. Fin dai primi secoli del Cristianesimo, infatti, le celebrazioni più solenni erano cantate e la proclamazione cantata del Vangelo, in particolare, era considerata uno dei momenti più importanti. Fiorirono così nel tempo scuole musicali importantissime, che cercarono di introdurre nel canto liturgico la migliore capacità di comunicazione, la maggior dignità e bellezza possibili. Purtroppo però, soprattutto nei secoli nei quali la Chiesa era quasi la sola committente, lo spirito originario della musica sacra fu spesso travisato: si cercava l’effetto, il bello di per sé, dimenticando che lo scopo della musica in chiesa non era l’arte per l’arte, ma l’arte al servizio della proclamazione della Parola di Dio rivelata. Più volte furono introdotte riforme e controriforme e spesso, nell’intento di ritornare ad una chiarezza d’intenti, si è rischiato di distruggere un patrimonio di valore comunque inestimabile che non deve in nessun modo andare perso.

Le “corali” parrocchiali come la nostra hanno oggi il compito istituzionale di far sì che le celebrazioni più solenni dell’anno liturgico assumano quell’aspetto di festa e di solennità che la grande musica, intesa come quella che per le sue qualità ha superato la prova del tempo e delle mode, contribuisce a raggiungere. In questa prospettiva i coristi non sono quindi degli esibizionisti che cercano di sfruttare le occasioni liturgiche per farsi ascoltare e soddisfare così la loro ambizione, ma un gruppo di persone che, con il loro impegno, contribuiscono ad accrescere la dignità e, per usare un’espressione di un documento del Concilio Vaticano II, lo “splendore” delle celebrazioni liturgiche attraverso la musica ed il canto. E’ quindi una conseguenza logica lodare il Signore nelle grandi feste attraverso ciò che di meglio è stato prodotto in campo musicale nei secoli, in modo che il canto assuma la più profonda e nobile connotazione di preghiera comune.